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I Edizione - 1996

Locandina I Edizione - 1996 Festival delle Colline Torinesi

8 / 20 luglio 1996

Straordinari siti della collina come habitat del teatro: tra gli altri il castello dal prospetto neo-classico di San Sebastiano da Po, la fortezza di Bardassano, i castelli di Vernone e di Montaldo, la chiesa di Santa Croce a San Raffaele Cimena, il borgo antico di Gassino, la piazza di Pavarolo, la chiesa di San Pietro in Vincoli a Rivalba, l'ex Parrocchiale di Castiglione, villa di Sambuy a San Mauro. Ma anche moderne strutture: il Centro Primo Levi di Gassino, il Palavernone di Marentino. Undici comuni compongono la mappa di questo giovane festival che ha l'ambizione di portare il teatro in mezzo alla gente in luoghi di grande bellezza e che accetta una sfida all'apparenza proibitiva, quellla della qualità. Non a caso il Festival delle Colloine Torinesi cerca, con molta umiltà, gemellaggi nazionali ed internazionali:con Santarcangelo di Romagna, con Volterra, ed anche con la Biennale dei Giovani Artisti dell'Europa e del Mediterraneo, con la rassegna Pepinière, con la Citè des Sciences et de l'Industrie, ad esempio. Per imparare, per non dimenticarsi di essere in Europa. Il Festival delle Colline Torinesi dedica il suo primo cartellone prevalentemente all'attore come mediatore di linguaggi, ai suoi slanci affabulatori, alla sua volontà di sperimentazione. Esercizi di stile dunque, nella convinzione che sia l'attore, ancora, lo zoccolo duro della scena. Non per la vocazione mattatoriale (qualcuno ha scritto giustamente che la morte del mattatore ha liberato energie nuove), ma per la sua capacità di reinventare il rapporto con il pubblico. E' indubbia la crisi del teatro, un genere poco popolare ormai. E' indubbio lo strapotere dei nuovi media. Ma nulla può sostituire la sensazione "fisica" propria del teatro ed il bisogno che ciascun uomo ha di essa. Nessun tema fisso per quest'anno, nessuna discriminante.
Osservando il cartellone in filigrana certo si possono individuare nuclei tematici più specifici: la parola poetica come drammmaturgia (di Rebora e Montale, grandi innovatori della forma, ma anche di Yeats, Emily Dickinson e di un inedito Goldoni), la riflessione sulle alchimie della scrittura con l'omaggio a Gadda e Testori e la proposta di autori italiani non esenti dall'ansia di sperimentare (D'Onghia, Cappuccio, Cappellino), ma anche le proposte di artisti in equilibrio tra immagine e parola (Morganti, Cuocolo e Malosti). Quasi a congiungere questi mondi un particolare punto del festival celebra la scrittura dei maestri dell'arte (Klee, Casorati, Carrà). Ma il festival vuole indagare anche i territori di certe avanguardie: da quelle storiche come il Futurismo, alle contemporanee tecno-arti con slanci di vigore drammaturgico, al teatro-danza. Insomma un festival-laboratorio ricco di spunti, di frammentazione, di assaggi, di trasversalità: un festival che solo con l'abbraccio del pubblico troverà la sua vera identità, le ragioni delle sue ribellioni.
Hanno nome Labirinti, Hyperteatro & Teatrodanza, Teatrofesta le segmentazioni del cartellone. Labirinti come i labirinti della collina, come i labirinti del teatro.

Sergio Ariotti

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