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III Edizione - 1998

Locandina III Edizione - 1998 Festival delle Colline Torinesi

9/19 luglio 1998

FELICITA'/INFELICITA' DELLA LINGUA
PROVE D'ATTORE

Rompere gli argini della lingua. E' quel che si sono proposti anche per il teatro alcuni grandi sperimentatori contemporanei.
Se il palcoscenico rivela come "anemica", inadeguata la lingua italiana d'oggi (ma è una lingua nazionale?), evviva chi prova a liberarsi dai ceppi delle convenzioni, chi la contamina, la reinventa, la violenta. In Italia l'hanno fatto, in modi diversi, Pirandello, Testori, Pasolini, Fo. Lo fanno molti autori ossessionati dal lessico.
La marea di questa ribellione linguistica sembra essere impetuosa. Perché? Sono indiscutibili alcune cose: l'italiano è una lingua imposta. Ieri dagli umanisti, oggi dalla televisione. Nelle varie regioni si parla o il dialetto o una lingua dialettizzata. L'italiano è una lingua letteraria, colta, da scrivere. Non così, ad esempio, l'inglese. Non così il napoletano di Eduardo o il veneziano di Goldoni, il pavano di Ruzante, il friulano di Pasolini, il linguaggio inventato di Tarantino.
Il Festival, sin dal debutto ha prestato attenzione a questo problema tanto da farlo diventare un filo conduttore del suo impegno. Ecco spiegato l'omaggio a Testori padre nobile del plurilinguismo, dolente alchimista, rimescolatore di dialetti, lingue colte, straniere, neologismi. Ecco spiegata l'attenzione alla scuola napoletana che oggi, sulle scene, esprime tanta vitalità. Ecco spiegate cioè le scelte di sperimentalismo da un lato e di verità etnica dall'altro, due binari su cui viaggia lo stesso treno.
Scorrendo i testi degli spettacoli dell'ultima edizione del Festival delle Colline Torinesi si ritrovano il toscano tutto materico di Ugo Chiti e l'eclettismo intellettuale della Spaziani, la lingua poetica che gronda Sicilia di Consolo e quella pirotecnica di Gadda, il napoletano transvesuviano di Fiore, plasmato su Genet, e il romagnolo sognante di Dadina.

Una ricerca incessante di lingue "forti", "autentiche".
La terza edizione della rassegna che ha ancora come incomparabile scenario i castelli, le ville, le chiese, i centri storici di otto comuni della collina torinese (oltrechè di Torino) intende dunque proseguire questo progetto, che da quest'anno ha un nome: "Felicità/infelicità della lingua". Nuovi autori si affacciano: Tonino Guerra, Guido Ceronetti, Ruggero Capuccio, Marco Baliani, Remo Rostagno ed anche Borges. Altri "storici" vengono riproposti come De Filippo, Goldoni, Ruzante e Folengo.
Napoli e Venezia , la Calabria e il Friuli, la Sicilia di Tomasi di Lampedusa e la Romagna di Guerra, il Piemonte di Pavese e Arpino. Attendendo sempre Enzo Moscato, Spiro Scimone, Raffaello Baldini, Antonio Tarantino.
Un altro filo del festival continua a srotolarsi: la prova d'attore, il cimento dell'attore "solo" a contatto, non formale ma confidenziale, non narcisistico con il pubblico. Una piccola palestra per studiare, sperimentare, proporre. Accanto alla Nuti e ad Herlitzka, a Marion D'Amburgo e a Zernitz, a Gazzolo e Triestino, a Baliani e Brusa anche i giovani Alessandra D'Elia, Lucilla Giagnoni e Pierluigi Tortora.

Sergio Ariotti

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