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8 giugno
TORINO Teatro Gobetti

MADRE E ASSASSINA

di Pietro Babina
regia Pietro Babina

ideazione Fiorenza Menni e Pietro Babina
con Fiorenza Menni, Angela Presepi, Barbara Folchitto, Pietro Pilla
musiche Pietro Babina
capocomicato Fiorenza Menni
consulente letterario Luca Scarlini
curatore video Pierpaolo Ferlaino
direttore tecnico Giovanni Brunetto
macchinista – elettricista Luca Piga
attori in video Flavio De Marco, Francesca Leonelli, Biagio Forestieri, Ludovico Pasquali, Giacomo Pizzi, Maria Chiara Pizzi, Eva Geatti, Daniele Quadrelli, Ettore Mariottino
direttore della fotografia Gigi Martinucci
aiuto regia video Marco Migliavacca
styling Fabrizio Ferrini
costumista Ludovica Amati
assistente costumi Michela Montanari
make up – hair Rita Fiorentino

produzione Teatrino Clandestino, Emilia Romagna Teatro Fondazione, Theatre Garonne, Toulouse
con il sostegno di Comune di Bologna - Assessorato alla Cultura, Provincia di Bologna - Assessorato alla Cultura, Regione Emilia Romagna - Assessorato alla Cultura, Ministero dei Beni e delle Attività Culturali

Madre e Assassina racconta di una donna più che normale, Maddalena Sacer, che un mattino uccide i suoi due bambini.
Madre e Assassina racconta di una ricerca più che formale di artisti, il Teatrino Clandestino, che una sera uccidono gli attori e li sostituiscono in scena con i loro fantasmi.

Un argomento lo si può scegliere perché lo si trova aderente ad un proprio modo di essere, perché lo si comprende; portarlo in teatro diventa, quindi, esprimere qualcosa di se stessi che in quel momento è vero.
Ma un argomento, lo si può anche scegliere perché la sua realtà è la più lontana immaginabile dalla nostra. in questo caso stiamo portando in teatro un punto interrogativo, una domanda che ci poniamo e che vogliamo condividere. Lo spettacolo diventa quindi il modo di porre in comunione la domanda, è la forma con cui la domanda si presenterà, non al solo pubblico, ma alla comunità intera presente nell’edificio teatrale, pubblico, artisti, maschere, macchinisti, elettricisti, amministratori, organizzatori etc., e la forma con cui si esprime la domanda è la drammaturgia. Le due cose si influenzano a vicenda, la drammaturgia penetra la domanda dandole forma organica, e la domanda penetra la drammaturgia segnandone la genetica.
Madre e Assassina appartiene a questo secondo tipo di scelta, parte da qualcosa che è da noi lontanissimo e perciò ci interessa, ci attrae per la sua misteriosità, per il suo essere alieno e nel caso specifico del figlicidio, per il suo essere inesplicabile e terrorizzante.
Ogni cosa estranea, però, ci attrae in quanto collegata a noi da un remoto cordone, ci  richiama verso di se come un secchio in fondo ad un pozzo. Seguendo quella corda, giungeremo in un'altra dimensione, ma solo seguendola nella sua discesa, perché se la raccogliessimo a noi, non troveremmo che un banalissimo secchio, privo di alcun interesse una volta colpito dai raggi del sole.
Non è stato possibile perciò costruire la storia di Maddalena Sacer tirando su il secchio, ma solo discendendo laggiù, nel buio del fondo del pozzo.
È una storia che emerge dal buio, quel buio in cui si può vedere ogni cosa, ma con occhi diversi, dove gli occhi guardano con sguardo ribaltato, guardano le immagini del mondo interno e non di quello esterno. Madre e Assassina il cinema dell’inconscio, abitato da larve, esseri umani trasfigurati. Madre e Assassina è una vera e propria fantasmagoria in cui  assistiamo alla coreografia di corpi scarnificati, di più, smaterializzati. Ora, quello a cui assistiamo in Madre e Assassina è il teatro, cioè la sua pura forma, scorporata dalla sua materia, dimostrando che certi assiomi, certe verità su quest’arte sono, oramai, definitivamente crollate e possono si, essere ancora utili, ma non ne costituiscono più la sola ed unica verità. Oggi il teatro é assurto ad un più complesso stato, ma ciò non è colto. C’è, in Madre e Assassina e in tutto quello che è stato il progetto madri assassine, lo spostamento formale che ci dimostra quanto l’immagine, che nella sua potenza si è sostituita totalmente alla presenza, possa essere ricondotta ad una condizione di presenza; questo processo ci era già stato, con largo anticipo, proposto dall’immaginario larvale, ma in quanto immaginario, parlava, alludeva, vagheggiava la presenza, e ora, eccola qui, vera presenza, immagini antropomorfe, non esseri umani in carne ed ossa, che fanno agitare la macchina più spettrale mai concepita, il teatro. e in questo si vede anche come distillata, o meglio estrusa, la tanto inseguita presenza scenica come in una possibile foto dell’anima.
Quello che la cultura dell’immagine ci ha tolto, il teatro ce lo restituisce nella sua sola grande regola del qui e ora, ma trasfigurato, spettro.
Teatrino Clandestino

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